Contaminanti chimici negli alimenti di origine animale: quali controlli?

Lo sviluppo della zootecnia intensiva e la sempre maggiore richiesta di alimenti proteici nei
Paesi industrializzati hanno determinato, negli allevamenti degli animali da reddito, un
crescente utilizzo di sostanze chimiche (es. farmaci…) a volte indiscriminato e nel peggiore dei
casi, l’impiego fraudolento di sostanze non autorizzate. Vediamo quali controlli ci tutelano.
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Già dagli anni sessanta si assistette all’uso di sostanze ormonali sia naturali (in quanto presenti
fisiologicamente negli animali) che sintetiche, cioè ottenute artificialmente di cui il D.E.S.
(dietilstilbestrolo) è la più attiva,ma anche quella con un provato effetto cancerogeno sugli animali
da esperimento. Tali sostanze utilizzate sugli animali d’allevamento hanno l’effetto di aumentare le
masse muscolari e quindi il peso. Per tale effetto vengono utilizzate fraudolentemente anche dagli
atleti per migliorare i risultati sportivi. Il loro uso è stato vietato negli animali in Italia dal 1961 e a
partire dall’inizio degli anni ottanta nella CE, quando presero l’avvio le prime attività di controllo
ufficiale sui residui.
Il divieto dell’uso degli “ormoni” è stato contestato da alcuni Paesi Terzi, soprattutto dagli
Stati Uniti, nei quali è consentito somministrare agli animali destinati all’ingrasso i
cosiddetti ormoni “naturali”, oltre a quelli “sintetici”( zeranolo e trembolone) giudicati innocui per
la salute dei consumatori. Questa scelta non è condivisa in Europa per cui si è imposto il divieto di
importazione di carni prodotte in quei Paesi innescando una “guerra commerciale” non ancora
risolta.
Esistono inoltre altre molecole chimiche non ormonali, (alcuni antibiotici, il carbadox etc.) che
hanno la capacità di incrementare il rendimento delle produzioni attraverso l’accrescimento
ponderale degli animali (uso auxinico); l’uso di tali sostanze (consentito come integratori nei
mangimi) è vietato dalla legislazione comunitaria dal 2006.
Altre sostanze ancora che vengono usate nei trattamenti terapeutici per la cura delle malattie degli
animali es. antibiotici, antiparassitari, β-agonisti etc. (l’uso di antibiotici a scopo profilattico non è
consentito), possono lasciare residui negli alimenti di origine animale allo stesso modo in cui nei
vegetali possono essere rilevate quantità residuali di anticrittogamici, diserbanti etc.
I trattamenti terapeutici posso essere effettuati su singoli animali (trattamenti individuali) o su
gruppi di animali affetti dalla medesima malattia (trattamenti di massa normalmente effettuati
attraverso l’alimento o l’acqua di abbeverata).
Si concretizza quindi il rischio che il consumatore assuma, con gli alimenti di origine animale,
anche residui di sostanze “indesiderate” con possibili ricadute negative sulla salute.
La cronaca ci riporta periodicamente notizie in tal senso ( vedi resistenza agli antibiotici ecc),
La presenza negli alimenti di residui di sostanze vietate (es. β-agonisti, ormoni), di medicinali
veterinari consentiti o di contaminanti ambientali (es. diossine) pertanto, è oggetto di attenzione da
parte delle istituzioni comunitarie e nazionali. Gli atti normativi specifici e conseguenti sono
divenuti, nel corso degli anni, sempre più incisivi e mirati.
A livello locale (ASL), i Servizi Veterinari sono impegnati in una continua attività di
farmacosorveglianza e farmacovigilanza; controlli sistematici ed azioni repressive delle
attività illecite vengono attuati dai mangimifici alla stalla al macello e agli stabilimenti di
lavorazione monitorando carni, latte, uova, miele ecc
Dal 1998 (anno di istituzione del Piano Nazionale Residui) ad oggi la programmazione da parte
del Ministero della Sanità dei piani di sorveglianza e monitoraggio dei residui è stata caratterizzata
da:
1) un incremento del numero dei campioni prelevati sia in allevamento che negli
stabilimenti di produzione primaria (es. macelli e centri di raccolta del latte). Si è passati,
per fare un esempio, dai 7650 campioni (per bovini e suini) del 1988 ai 12000 campioni del
1990 ed ai 41623 del 2015.
2) ricerche più specifiche di molecole e matrici a seguito di richieste da parte della CE e sulla
base dei dati rilevati negli anni precedenti. Le metodiche analitiche utilizzate dai laboratori
accreditati per tali ricerche (Istituti Zooprofilattici Sperimentali) si sono col tempo affinate,
così da rendere più efficace l’azione di contrasto dei trattamenti fraudolenti.
I campioni prelevati nel corso dei piani programmati sono di tipo “mirato”, cioè hanno lo scopo
di svelare trattamenti illeciti o di verificare la conformità rispetto ai limiti massimi fissati dalla
normativa. Infatti per le sostanze farmacologicamente attive sono stati determinati i cosiddetti
“limiti massimi residuali” (LMR), secondo un concetto di quantità di residuo riconosciuta come
accettabile ed innocua per il consumatore.
I campioni di tipo “mirato” tengono conto di criteri come la specie animale, il sesso, l’età e di
qualsiasi dato utile che permetta di individuare la presenza di residui.
Nei casi di riscontro di non conformità per presenza di residui nei campioni esaminati si procede
alla denuncia penale dei responsabili, alla distruzione dei prodotti alimentari o degli animali risultati
positivi ed all’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie molto elevate.
Vengono inoltre effettuati campioni supplementari (“campioni a seguito di positività”) su un
numero statisticamente significativo degli animali dell’allevamento di origine che, se confermano la
positività, determinano l’abbattimento e la distruzione di tutti gli animali allevati nelle medesime
condizioni oltre al pagamento di tutte le spese relative ai prelievi e agli esami di laboratorio.
I campioni su “sospetto” consistono invece nel prelievo di matrici da animali che si sospetta siano
stati trattati in modo illecito. Il sospetto può derivare da un esame di tipo “clinico-anamnestico” con
rilievi di segni sull’animale di possibili trattamenti (es. tiroidi ipertrofiche) e/o riferimento di
trattamenti con farmaci veterinari recenti e dubbi sul rispetto dei tempi di sospensione.
I piani di controllo dei residui, le azioni di farmacovigilanza negli allevamenti, la normativa relativa
e le attività di repressione messe in atto a seguito di illeciti hanno determinato un notevole calo
nella pratica di trattamenti illeciti che in passato avevano creato rischi per la sicurezza
alimentare.
I risultati delle attività veterinarie impegnate nei controlli relativi ai residui di sostanze chimiche
negli alimenti sono oggetto di una relazione annuale che il Ministero della Sanità pubblica sul
proprio sito internet ed è a disposizione di chiunque voglia approfondire tale tematica

ASL CN2