“E’ scaduto: lo butto o non lo butto?”

Guida ad una perfetta conservazione degli alimenti

Prendendo a prestito il titolo di una nota rubrica, il “forse non tutti sanno che…” può ben rappresentare il livello di comprensione delle definizioni “data di scadenza” e “termine minimo di conservazione” degli alimenti: oltre il 50% dei consumatori non ne conosce la differenza. La questione è di non poco conto per la salute e il portafoglio. Perché?

Premessa. Ogni alimento ha una sua durata, una sua vita (”shelf life”). Alcuni si conservano moltissimo tempo, mesi e anni, magari anche a temperatura ambiente, vuoi per le loro caratteristiche intrinseche (poveri di acqua ad es.) oppure perché processati in modo tale da risultare praticamente inalterabili: sterilizzati, aggiunti di additivi, inscatolati ecc. Altri invece, per ragioni opposte (ricchi di acqua, freschi, non avvolti in confezioni particolarmente protettive) hanno una vita più breve fino al limite di poche ore dalla produzione. Tra i primi troviamo  le conserve, la pasta secca, il cioccolato ecc, tra i secondi il latte e i formaggi freschi, il pesce, le carni macinate….

Per ogni alimento confezionato (esclusi vini, zucchero, sale e pochissime altre categorie) le aziende produttrici specificano il termine minimo di conservazione (TMC) nel caso dei prodotti a più lunga durabilità, o la data di scadenza per quelli, per così dire, più ”delicati”. Mentre il TMC indica il periodo ottimale di conservazione, trascorso il quale il prodotto inizia gradualmente a perdere le sue caratteristiche migliori (sapore, fragranza, sapidità, aspetto esteriore ecc.) senza però diventare per forza “pericoloso”, la data di scadenza  segnala un limite più netto, al di là del quale l’alimento può essere non più sicuro. Gli uni dagli altri si distinguono facilmente: il TMC è indicato con la dicitura ”da consumare preferibilmente entro….”, la scadenza con: ”da consumare entro…”. Quindi è il preferibilmente che fa la differenza!

Il criterio di orientamento e di scelta ragionata parrebbe cosa fatta; c’è tuttavia una condizione da rispettare ed è la modalità di conservazione. Se  cioè l’etichetta  mi informa che il prodotto va mantenuto in certe condizioni (al fresco, in ambiente asciutto, piuttosto che a temperatura tra 0 e x gradi ecc.), mi dovrò attenere diligentemente per non accorciargli la vita. E non dovrò trascurare che, se un prodotto dev’essere conservato tra 0 e 4°C, questa indicazione sarà da rispettare sin dal momento dell’acquisto. Specialmente in estate quindi, avrò cura di non lasciarlo in auto al caldo, a meno di non riporlo in una borsa termica o un frigorifero da campeggio con siberini annessi.

N.B.: diversamente l’alimento si altera rapidamente e dura meno (= spreco di soldi) e soprattutto, la sua carica microbica aumenta fino raggiungere potenziali livelli di pericolosità.

Un alimento ”preferibilmente entro….” dunque non va necessariamente buttato se è rimasto in dispensa oltre il termine indicato in etichetta. Anche il Ministero della Salute ha validato questa impostazione: in pratica sappiamo, ad esempio, che la pasta secca e le farine possono essere consumate anche fino a 1-2 mesi oltre, olio e conserve sott’olio un anno, surgelati 1, 2 mesi ecc., purchè non vi siano alterazioni visibili (ammuffimenti, gonfiori nelle scatole, modificazioni di colore) o comunque rilevabili sensorialmente.

Invece è decisamente opportuno non usare un alimento oltre la data di scadenza tranne in alcuni (pochissimi) casi, ad es.yoghurt, perché in questo caso l’attività dei batteri lattici ne tutela meglio la conservabilità. Con ciò non  si vuol sdoganare a prescindere il consumo di alcune tipologie di prodotti scaduti; si afferma semplicemente che qualche nozione scientifica e molto buon senso aiutano a prendere le decisioni più giuste di volta in volta… Se un prodotto a mezzanotte meno un minuto della sua vita commerciale è buono, non bisogna pensare che a mezzanotte e un minuto non lo sia più…

L’utilizzo dei prodotti a TMC superato è importante anche ai fini della riduzione degli sprechi alimentari che nei Paesi ricchi rappresentano un grave problema etico, economico e sanitario. La legge italiana consente addirittura il recupero di tali prodotti  per scopi di solidarietà sociale, agevolando le donazioni con sgravi fiscali.

Una migliore conoscenza della vita e delle caratteristiche di conservazione degli alimenti è dunque importante da un lato per limitare gli sprechi – potendo utilizzare prodotti a regime di TMC – e dall’altro per prevenire le malattie a trasmissione alimentare evitando di consumare cibi che hanno oltrepassato la data di scadenza. I servizi dell’ASL CN2 (Igiene alimenti e Veterinario) sono disponibili a fornire ogni ulteriore informazione a riguardo.

ASL CN2